Nerone, Scipione, Caronte e Flagetonte. Il 1 agosto 2017 è invece tempo di Lucifero.
La stupida (ma geniale) idea di dare un naming a tutte le ondate di calore arriva da un meteorologo nel 2012 – fino ad allora si chiamava solo caldo – evidentemente appassionato di mitologia greca. Il direttore di Meteo.it (e chi non ce l’ha lì in bella mostra sul desktop del proprio smartphone) ha – forse involontariamente – dato il via ad una rivoluzione strategica nella percezione del caldo. Che prima era solo lui e i suoi sinonimi. Ed ora no.
E oggi tutti ma proprio tutti (eccetto i gaudenti della montagna) con un piede nell’acqua e mezzo in ufficio, Lucifero sembra l’unica cosa realmente interessante di cui.

Essì perché Lui non è solo la “mostrificazione dell’ovvio” (come scrive Il Foglio) ma anche e soprattutto la scusa per spaventarsi, lamentarsi e provare a lavorare meno dello strettissimo necessario che si confà a questo inizio del mese più vacanziero dell’anno.

E anche chi “io non parto ad agosto è da cafoni” o “io al mare solo d’inverno” l’ha nominato almeno una volta nella giornata che sfiora i 40°, mostro del caldo (o della luce? cfr. etimologia latina).

Ma chi di naming ne fa gran abbuffata sono loro, i giornalisti del meteo. In redazione li chiamavamo “riempitivi”. Un po’ come quando ti avanza un po’ di tutto e fai il polpettone. Il caldo, la siccità, gli incendi (per carità), l’acqua che manca. L’importante è sfruttare il giochino di parole che spazia tra l’inferno, le fiamme, la morsa (immancabile).

E non si capisce mai perché la geniale idea di dare un nome alle ondate di caldo è sempre più importante e nazional popolare che provare a discutere delle cause, se ne esistono in questo caso (pare di no). Del riscaldamento globale (no, troppo complesso). O semplicemente non annunciare un fenomeno ovvio, statisticamente certo come quello dell’innalzamento delle temperature in alcune settimane estive. Al massimo ci sono i consigli: non uscire nelle ore di punta. Ma vi pare?

Perché questa cosa – che si nasconde dietro un naming, niente di più niente di meno di un giochino creativo di parole – ha a che fare con l’allarmismo, la preoccupazione, le cattive notizie. Espedienti che si misurano in una chiacchierata al bar sono gli stessi che invece nelle fasce deboli creano una spirale di cattivo umore e preoccupazione. Ma non basta già soffrirne?

Ecco perché un naming, soprattutto quando fa riferimento alla storia della mitologia greca (senza averla perfettamente compresa) e a figure che evocano sentimenti di paura, può cambiare non solo il titolo di un tg o di un post su Facebook a caccia di click ma anche la percezione di un anziano che si trova solo in casa – magari in una città come Roma – a combattere non il caldo ma Lucifero.
E dunque caro signor Meteo.it, nella speranza di semplificare e personificare un concetto molto semplice (per non dire banale) forse hai creato mostri più grandi persino di quelli della mitologia.

Come diceva qualcuno “le parole sono importanti”. Per le persone dico.